Sport e cinema: i significati dell’attività fisica sul grande schermo

Che succede quando attività fisica e sportiva vanno in scena? Diventano metafore, simboli, leve per il riscatto sociale. Qualche suggestione da una carrellata di film di ieri e di oggi.
14/03/2014
  • Milly Barba
cinema e sport

Immagine: 

Una scena tratta dal film “Palombella rossa” (1989)

«Le parole sono importanti!», gridava il giovane Nanni Moretti seduto a bordo piscina, nel celebre film Palombella rossa. Era il 1989 e il noto attore e regista vestiva i panni di Michele Apicella, giocatore di pallanuoto professionista che, a seguito di un incidente, si ritrova a fare i conti con la memoria smarrita. Nei suoi film, lo sport ha sempre una valenza speciale. Moretti, infatti, riesce a tramutare l’attività fisica in metafora. È ciò che accade anche in Bianca, dove l’esercizio dei bastoni rappresenta la giusta regola da seguire, da cui il solito Apicella (stavolta nelle vesti di professore di matematica) non accetta devianza. Allo stesso modo, la vasca che accoglie il protagonista di Palombella Rossa è una metafora dell’inconscio, dalla quale il giocatore attinge per ripescare pian piano i ricordi.

La filmografia di Moretti è solo uno dei tanti esempi cinematografici in cui lo sport entra in scena da protagonista, diventando uno dei cardini della narrazione. Palombella Rossa sarà proiettato nei prossimi mesi a Torino, in occasione della staffetta cinematografica Momenti di gloria: la rassegna, che trae il nome dall’omonimo film, si è aperta lo scorso 8 marzo al Museo nazionale del cinema. Pensata per avvicinare i cittadini alla cultura sportiva in vista del 2015, anno in cui Torino sarà la città europea dello sport, ripropone pellicole a tema che hanno fatto storia.

Cult movie, ma non solo
Momenti di gloria, per l’appunto, è uno dei cult in programmazione. Il film, dal titolo originale “Chariots of Fire”, narra in chiave romanzata la vera storia di due studenti dell’Università di Cambridge che si allenarono per partecipare alle Olimpiadi di Parigi del 1924. Dalla pellicola, che raccoglie intorno alla disciplina atletica tutto il senso del rigore e della fatica per raggiungere dei risultati, emerge anche il ruolo primario dell’attività fisica nelle università britanniche, già nei primi del ’900. Una posizione che lo sport occupa ancora oggi, più all’estero che in Italia a dire il vero. Negli Stati Uniti, infatti, l’esistenza delle sport scholarship (le borse di studio ottenute per meriti sportivi) ne è un esempio e, per molti giovani poco abbienti, rappresenta una possibilità concreta per proseguire gli studi.

La risposta italiana a Momenti di gloria è Un ragazzo di Calabria di Luigi Comencini, in cui il protagonista è ben distante dai nobili e pretenziosi universitari di Cambridge. Per il giovane e povero Mimì, infatti, la corsa è un amore proibito, coltivato di nascosto da un padre che lo vuole studioso e diligente, per permettergli di migliorare la propria condizione. Lo sport, tuttavia, da apparente impedimento, diventerà il reale strumento di riscatto sociale. Spesso, infatti, è questo il ruolo che l’attività fisica assume sul grande schermo. Come in Billy Elliot, dove il protagonista, allo stesso modo del calabrese Mimì, coltiva clandestinamente la passione per la danza. Una disciplina femminea e così poco virile da scatenare le ire del padre, cha per il figlio ha progetti migliori. Tuttavia, alla fine, sarà proprio la danza a regalare un nuovo futuro a Billy.

Lo sport come riscatto
La filmografia statunitense è ricca di esempi di rivalsa sociale ottenuti attraverso il ballo. Mentre in Footloose la danza e il rock rappresentano per lo più la rottura delle regole anti perdizione di un bigotto parroco di provincia, è nei ghetti che il ballo diventa davvero speranza. È il caso di Save the last dance, in cui, sulle note e i passi dell’hip pop, si intrecciano storie d’amore e di riscatto, capaci di vincere il razzismo imperante in uno dei quartieri di colore di Chicago. Il genere non riscontra grande successo in Italia, dove la debole risposta cinematografica prende spunto dal reality show “Amici” (che a sua volta trae ispirazione dalla celebre scuola di Fame). Proprio dal talent italiano, come una sorta di spin off cinematografico, prende vita Passo a due, la storia di Kledi Kadiu, ballerino di Maria De Filippi che, giunto dall’Albania, dopo molti sacrifici ottiene il successo sperato.

Tra boxe e calcio, spunta il curling
Lo sport, tuttavia, riscatta per lo più sul ring. La boxe, infatti, è ai primi posti per la quantità di film che la rappresentano. Basterà ricordare alcuni grandi successi come Cinderella Man, la pellicola ispirata alla vera storia di James Braddock, soprannominato “Il cenerentolo” per aver trovato la propria scarpetta di cristallo tra le corde del ring. Renzo Martinelli risponde per l’Italia pochi anni dopo, nel 2008, raccontando la storia di Carnera, the walking mountain. La vittoria del giovane pugile emigrato in America sarà simbolo di un riscatto collettivo, vissuto da tutti coloro che, come il boxeur, erano stati costretti ad abbandonare l’Italia in cerca di un futuro migliore.

Impossibile non citare, infine, qualche esempio di calcio sul grande schermo. Sognando Beckham è uno dei film britannici di maggior successo, dove la giovane immigrata indiana Jess lotta contro il padre per inseguire la passione per il pallone. Per il nostro Paese, degno di nota è Il Grande Torino, pellicola destinata tuttavia alla tv e non al grande schermo. Il film (basato sulla tragedia del 4 maggio 1949, quando l’aereo che riportava a casa la squadra da una trasferta in Portogallo si schiantò sul colle di Superga) si conclude in realtà con l’abbandono della pratica sportiva. Il protagonista, il giovane campano Angelo di Girolamo, approda in Piemonte e, spinto dalla passione per il calcio e per il Grande Torino, riesce ad entrare nella squadra giovanile granata. A seguito dell’incidente di Superga, al ragazzo sarà concesso l’esordio in serie A ma a fine stagione abbandonerà per sempre il suo sogno calcistico.

Per chiudere, merita una menzione speciale tra i film sportivi La mossa del pinguino, uscito da pochi giorni nelle sale cinematografiche. Il film, che consacra per la prima volta l’attore Claudio Amendola nel ruolo di regista, porta il curling - di cui di solito si parla solo durante le Olimpiadi, accostandolo (a torto) alle bocce - sul grande schermo italiano, facendo di questo sport di origine scozzese lo strumento di rivalsa di quattro simpatici e “falliti” amici.

 

Un commento

Pietro Mennea

"Un Ragazzo di Calabria" trae ispirazione dalla storia del giovane Pietro Mennea, che dallo sport ha saputo trarre lo spunto giusto per diventare un uomo, affrancandosi da un ambiente che non gli offriva alcuna prospettiva di legalità...
Lui stesso ha raccontato infatti, in una delle ultime (e rare) interviste di aver sfidato più volte nella corsa un'automobile (e di averla battuta) alimentando le scommesse (per denaro) di un gruppo di malavitosi del suo quartiere, fin quando, in una di queste occasioni, un arrivo "al fotofinish" ha generato una rissa finita a colpi di pistola.
Da allora il quattordicenne Pietro ha detto basta, ed è diventato il leggendario Mennea.

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