Homo erectus, anche al lavoro?

Le scrivanie che obbligano a stare in piedi non sono scomode e promettono più salute. Un po’ fanno tendenza, un po’ cominciano a diffondersi come strumenti per combattere la sedentarietà.
20/01/2015
  • redazione
standing desk

Immagine: 

Ernest Hemingway al lavoro sotto il portico di casa del suo amico Bill Davis, a Malaga

Il futuro delle postazioni di lavoro? Niente sedia o poltroncina girevole, ma un piano di altezza compatibile con il lavoro in piedi. O addirittura una pedana scorrevole, come in palestra. Standing desk e treadmill desk - appunto, le innovative scrivanie che consentono di lavorare in piedi o mentre si cammina su un tapis roulant - sono espressioni che ormai sempre più ricorrono tra chi si occupa di stili di vita e salute sul luogo di lavoro. Ma anche tra progettisti e architetti, uniti nel comune intento di contrastare la sedentarietà e migliorare il benessere dei lavoratori.

Migliora anche l’umore
Una revisione canadese pubblicata su Preventive Medicine suggerisce come l’uso del treadmill desk sia in grado di modificare favorevolmente in pochi mesi i parametri metabolici tipicamente compromessi da uno stile di vita sedentario e migliorabili con l’attività fisica, come glicemia postprandiale e colesterolo Hdl. Le standing desk, invece, inciderebbero meno su questi indicatori.

Una riduzione del peso corporeo è segnalata in persone obese e normopeso. Un certo beneficio si riscontra anche nelle persone con ipertensione o diabete. Ma da dove vengono questi vantaggi? Da un aumento del consumo calorico, stimato tra le 4 e le 20 kcal all’ora, frutto del modesto incremento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. Proprio come avviene durante un esercizio fisico moderato.

L’impressione degli utilizzatori è buona. Dopo un primo momento di scarsa confidenza e una volta ricevute le opportune informazioni e istruzioni, le postazioni che obbligano alla postura eretta sono gradite, danno la sensazione di maggiore energia e perfino di più motivazione al lavoro. L’effetto finale è così un miglioramento dell’umore, senza effetti particolari (ma non pretendiamo miracoli) sulle funzioni cognitive, concentrazione e capacità di problem solving.

Risultati (in parte) discordanti
Ma non è tutto rosa e fiori. Una revisione australiana di 38 studi, apparsa su Obesity Review, fornisce infatti risultati meno convincenti. Suona nettamente a sfavore, per esempio, il fatto che una riduzione significativa del tempo passato seduti al lavoro (-77 minuti nell’arco delle 8 ore standard) non abbia conseguenze sulla maggior parte degli esiti di salute valutati. E neppure sul rendimento lavorativo. Gli autori restano comunque possibilisti sull’efficacia di queste nuove soluzioni invocando, come spesso capita in caso di incertezza, studi più approfonditi su grandi numeri.

Da Aristotele in poi
Partendo dal fatto che la ricerca medica sconsiglia comunque di stare troppe ore seduti alla scrivania e ha individuato nel lavoro in piedi una possibile valida alternativa, l'artista Barbara Visser ha progettato un’installazione dal titolo eloquente: The_end_of_sitting (guarda il video), realizzata dal collettivo olandese Rietveld Architecture-Art-Affordances. Ai visitatori è stato chiesto di sperimentare e assegnare un voto a ogni esperienza e all’Università di Groningen di valutare poi i punteggi.

Tanta modernità non deve però far dimenticare che le standing desk erano già in auge ben tre secoli fa e sono state utilizzate da personaggi di spicco come Benjamin Franklin, Thomas Jefferson, Virginia Woolf, Winston Churchill o Ernest Hemingway. Fino ad arrivare ai nostri giorni, con Mark Zuckerberg e Steve Jobs che, con i loro walking meeting nella Silicon Valley, ne hanno fatto anche una questione di immagine. Anche questa, però, non è esattamente una rivoluzionaria novità: in fondo lo aveva già capito Aristotele, che nel Peripato di Atene teneva le sue lezioni camminando.

 

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