Auto condivisa, che passione: è boom in Europa, 15 milioni di utenti nel 2020

Si usa la macchina solo quando serve, non si paga né posto auto né garage. Si circola durante i blocchi del traffico e con le targhe alterne. Il problema di trovare parcheggio? Scomparso. Per non parlare di bollo, assicurazione e riparazioni: tutti costi eliminati. Non è il libro dei sogni dell’automobilista, ma alcuni dei vantaggi del car sharing: si paga solo l'utilizzo effettivo della vettura, non il suo possesso. Un sistema che favorisce lo snellimento del traffico, il miglioramento della qualità dell’aria (e quindi della salute) e anche un bel risparmio economico.
19/12/2013
  • Stefano Menna
car sharing in Europa

Tra tutte le soluzioni di mobilità alternativa più attente alla tutela di ambiente e salute, i cittadini europei preferiscono l’auto condivisa. Anche più dell’acquisto di una macchina elettrica, ancora penalizzata da un mercato in crisi profonda. Lo testimoniano i risultati di una recente indagine condotta dalla società di consulenza AlixPartners sul tema “Quali prospettive di sviluppo per la mobilità sostenibile e per l'auto elettrica”.

In Europa, a fine 2012, hanno fatto ricorso al car sharing 800 mila automobilisti, che hanno condiviso 22 mila vetture. Solo in Germania, il Paese dell’Unione europea storicamente più all’avanguardia su questo fronte, la formula vede coinvolti quasi 200 mila utenti per oltre 5.500 vetture. E il mercato è destinato a crescere in modo esponenziale: si prevede infatti che, entro il 2020, in tutto il vecchio continente gli iscritti saranno ben 15 milioni, mentre i veicoli in condivisione arriveranno a quota 240 mila, un terzo dei quali a propulsione elettrica.

Meno auto di proprietà
Si tratta di un mercato in ascesa, in netta controtendenza rispetto alla congiuntura negativa che sta vivendo il comparto dell’auto. Nel 2012, infatti, nel nostro Paese sono stai venduti ben 1,1 milioni di veicoli in meno rispetto al 2007 (-40%): è il dato peggiore addirittura dalla fine degli anni ’60. E le stime sul 2013 non sono certo ottimistiche. Alcuni paesi dell’Europa meridionale stanno assistendo a un declino del parco auto circolante. In particolare proprio l’Italia, che peraltro ha il tasso di penetrazione tra i più alti al mondo e superiore alla media europea: 608 mezzi a motore ogni 1000 abitanti, con punte di quasi 700 come a Roma (a Parigi sono 260, a Londra 300).

Ma quali sono le cause di questa che alcuni esperti hanno definito “incipiente demotorizzazione” dell’Europa occidentale? Oltre la crisi economica, secondo l’analisi di AlixPartners è decisiva anche una crescente sensibilità rispetto alle tematiche ambientali (tende lentamente a ridursi il gap culturale tra Nord e Sud Europa), oltre ad aspetti sociologici che tirano in ballo nuovi stili e modelli di riferimento. I risultati dell’indagine condotta sui giovani dicono infatti che le quattro ruote non sono più uno status symbol come lo erano alla fine degli anni ’90, surclassate da nuove passioni e interessi come il web, l’high tech o i viaggi.

Auto elettriche ancora penalizzate
Intanto, seppur a rilento, si affermano nuovi sistemi di propulsione alternativi alla benzina, e resta aperta la battaglia tra le diverse tecnologie per la conquista del mercato dell'auto del futuro. Tutti i costruttori hanno mostrato interesse per l'alimentazione elettrica, ma a frenare lo sviluppo del mercato è stata finora la domanda fuori scala rispetto ai prodotti disponibili. Troppo alti i costi di acquisto, a fronte di una ridotta capacità di spesa degli automobilisti e di una carenza cronica di infrastrutture. Più di 6 automobilisti su 10 non sono disposti a spendere più di 15 mila euro per una vettura elettrica nuova, meno di 1 su 5 ha una propensione alla spesa che supera i 20 mila euro. In Italia, sono pochissime (524) le vetture elettriche messe su strada nel 2012, l'80% delle quali peraltro acquistate da società di noleggio o di car sharing.

Nuovi stili, alternativi e sostenibili
Per tutte queste ragioni, vanno diffondendosi modalità di trasporto alternative, più eco-friendly ed economiche: cresce appunto la soluzione dell’auto in condivisione e aumenta l’estensione delle zone a traffico a limitato (ztl). Si tratta del resto di due modelli di mobilità legati a doppio filo l’uno con l’altro, e favoriti dalla stessa struttura urbanistica delle città italiane. Oggi abbiamo a disposizione 3,2 metri quadri di ztl per ogni abitante: erano appena 0,6 nel 1990. Inoltre, per la particolare configurazione dei nostri centri storici, siamo il Paese con il maggior numero di città, ben 103, dotate di zone a traffico limitato (in Germania sono 43, in Olanda 14, in Gran Bretagna 13, in Francia 6, in Belgio e Danimarca 3). Tutte aree in cui il traffico a motore privato può entrare solo a determinate condizioni, al contrario di mezzi pubblici e car sharing che invece possono circolarvi senza restrizioni.

In Italia la macchina in comune è dunque una formula che piace e che si sta affermando, anche se le previsioni dicono che per un reale “decollo” bisognerà aspettare ancora alcuni anni. Siamo comunque già passati dai 17.900 utenti del 2009 ai 22.700 del 2011; e dai 6,1 (2009) ai 7,4 (2009) milioni di chilometri percorsi. E non mancano alcune esperienze innovative, tecnologicamente avanzate o interessanti per il tipo di partnership avviata tra pubblico e privato: per esempio, quelle in corso a Milano e Torino.

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